Valle Maggia e cambiamento climatico
I tragici avvenimenti che hanno colpito, tra le altre regioni, la Valle Maggia, stanno facendo discutere. Le voci si confondono tra chi ne riconduce le cause al cambiamento climatico e chi, per contro, lo nega. Questo articolo si prefigge lo scopo di presentare alcuni dati pubblicamente accessibili sul tema. Non intendiamo prendere il ruolo di climatologi e geologi: ci limiteremo a consultare i loro studi per capire se gli eventi in questione possano essere interpretati nel quadro di un surriscaldamento globale, e se effettivamente quest’ultimo possa essere riconducibile a cause antropiche. Rifletteremo anche su come il fotovoltaico possa rallentare questo fenomeno.
Aumento della concentrazione di CO2 nell’aria
Partiamo dalla presa di conoscenza dell’incremento esponenziale di emissioni di CO2 a partire dalla rivoluzione industriale. Uno dei progetti che ha permesso di confermare questa tendenza è EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica), il cui scopo è quello di effettuare carotaggi fino a 3 km di profondità nel ghiaccio antartico. Le carote di ghiaccio permettono di avere accesso ai dati sulla composizione chimica dell’aria (e quindi riguardo alle concentrazioni di CO2) fino a centinaia di migliaia di anni fa. Ciò è possibile in quanto gli strati più profondi impediscono il ricambio d’aria.
Ora, osservando il grafico riportato sotto si nota che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è ciclica. Nel 2022, tuttavia, il picco (tuttora in aumento) è nettamente più alto rispetto a quello registrato negli ultimi 800’000 anni: oltre 400 ppm (parti per milione) di CO2 contro un massimo di circa 278 ppm raggiunto in epoca preindustriale.
CO2 e aumento della temperatura media globale
La questione da comprendere ora è come tale aumento di CO2 nell’aria possa essere correlato a un eventuale aumento della temperatura media sulla Terra. Sappiamo che la CO2 è un gas ad effetto serra; ma in cosa consiste l’“effetto serra”? Nel glossario del clima compilato dall’Ufficio federale dell’ambiente si legge quanto segue: “Il sole riscalda la superficie terrestre, che a sua volta emette radiazioni termiche nell’atmosfera. I gas serra presenti nell’atmosfera assorbono queste radiazioni, rimandandone indietro una parte. Ciò causa il riscaldamento della superficie terrestre e dello strato più basso dell’atmosfera. Più la concentrazione dei gas serra è elevata, più il riscaldamento terrestre aumenta”. Nello specifico, la CO2 trattiene i raggi infrarossi emessi dalla Terra in risposta all’irraggiamento solare. La radiazione infrarossa, non a caso chiamata anche radiazione termica, è quella che provoca la sensazione di calore.
Temperatura media globale e frequenza di eventi meteorologici estremi
Rimane l’ultimo e forse più complesso punto da chiarire: perché se aumenta la temperatura media globale aumenta pure la frequenza di eventi meteorologici estremi? Per rispondere, soffermiamoci sul termine “calore”: il suo significato fisico è quello di “forma di energia che fluisce tra due corpi a temperatura diversa”. La Terra e l’atmosfera sono i due corpi tra i quali viene scambiato il calore: se aumenta la temperatura media globale, aumenta di conseguenza anche l’energia in circolazione tra i due. Tale energia viene impiegata anche nella generazione di fenomeni meteorologici. Per cui, uno dei segnali che vi è un riscaldamento globale in atto è l’aumento della frequenza di condizione meteorologiche estreme (con “tanta energia”, per intenderci), come siccità, gelo, precipitazioni o temporali particolarmente intensi. Si è registrato un aumento in anni recenti? A pagina 51 del report del 2023 sul cambiamento climatico redatto dal Sesto Rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (un organo delle Nazioni Unite) si legge quanto segue: “l’attività umana ha probabilmente aumentato la possibilità di eventi estremi dal 1950. I rischi climatici concomitanti e ripetuti si sono verificati in tutte le regioni, aumentando gli impatti e i rischi per la salute, gli ecosistemi, le infrastrutture, i mezzi di sussistenza e il cibo (affidabilità alta).”
Fotovoltaico e surriscaldamento globale
È qui che entra in gioco il fotovoltaico. Come discusso in un precedente articolo del blog, la diffusione dell’energia solare in Svizzera è correlata a una riduzione sensibile di emissioni di CO2 in quanto limita la dipendenza da fonti energetiche fossile e nucleare. Il diossido di carbonio non è l’unico gas che influisce sulla temperatura terrestre, ma è tra quelli che più incide. Concludendo, dunque, diminuirne le emissioni significa quantomeno attenuarne gli effetti.
Ci teniamo infine a specificare che il processo di surriscaldamento globale non è di per sé dannoso per il pianeta, ma ne altera i cicli climatici stabili da centinaia di migliaia di anni e che garantiscono le condizioni di abitabilità ideali per l’essere umano. L’appello a una produzione diffusa e consistente di energie rinnovabili (tra cui quella solare) è dettato dall’esigenza di conservare, per quanto possibile, tali equilibri.
Questo articolo è stato realizzato consultando criticamente documenti messi in rete da fonti ufficiali e/o da professionisti del settore. Laddove menzionati è stato inserito un link di rimando.
Chiaro, sintetico e molto interessante.